Riflessioni e auguri, da un operaio Fiat di Nola.


Quanta ipocrisia è in noi, come al solito ogni fine anno ci ritroviamo i soliti auguri, augurando il meglio a tutti e vogliamoci tutti bene, ma in realtà sono solo parole di falso buonismo.

Fra pochi giorni saranno 5 anni che sono fuori dalla Fiat di Pomigliano, e come me tanti altri compagni, tutti discriminati, per motivi sindacali, o perché dopo tanti anni di lavoro sulle catene, invalidi.

A noi si sommano le altre migliaia di lavoratori discriminati a Pomigliano, e le centinaia di migliaia in Italia, un paese diviso anche fra le stesse classi sociali.

Si diviso, come è possibile che siamo continuamente costretti a difendere le nostre posizioni, il lavoro, la dignità, il salario, e a difenderle con enormi sacrifici, mettendoci gli uni contro gli altri, una vera guerra fra poveri.

E’ possibile che il mio vicino, debba lavorare e io da anni in Cigs e fra non molto licenziato, è possibile che lui e tanti come lui che si ritengono fortunati vivono una vita serena e possono permettersi di regalare serenità e doni ai figli e tanti fra noi non possono neppure fare un Natale dignitoso, e veder sorridere i propri figli in particolar modo i piccini.

E questo perché?,

 semplicemente perché durante la vita lavorativa, si è sempre stati con la schiena diritta, non aver accettato passivamente le imposizioni, aver rivendicato i propri e altrui diritti, in alcuni casi denunciato le illegalità.

Oggi mi chiedo a cosa è valso ciò, è giusto che per le nostre idee siano i nostri cari a pagare il prezzo, eppure vedo che tanti compagni, che la pensavano come me, che hanno sempre fatto della dignità, del lavoro, dell’uguaglianza, della lotta ai soprusi, un metodo di vita, compagni con un cuore e un pensiero rosso fuoco, anno dopo anno sbiadire, perdere colore sempre di più, rosso, rosa, arancione, bianco, fino ad arrivare a punte di nero.

Questa continua metamorfosi di colori, ma che in realtà sono di pensiero e azioni, mi spingono ancora di più a chiedermi, “ma chi me lo ha fatto fare”, “sono sbagliato io o le mie idee”, 

quanti tormenti mi vengono alla mente e mi affliggono, finché, mio figlio accortosi del mio tormento me né chiede il motivo, ed ecco che come due amici gli confesso le mie pene,

lui mi guarda e dice Papà, tu mi hai insegnato ad essere uomo,  per me questo è tantissimo, ecco con poche parole è riuscito a scacciare tutti i dubbi e a far rinascere una speranza, sono sicurissimo che come me, mio figlio, la mia famiglia,
sono migliaia e migliaia, che condividono le nostre idee, nonostante vi sia una continua metamorfosi  di colori, vedo con piacere questo cambiamento, perché (come diceva Pasolini),

“che bandiera rossa ridiventi straccio, così che i poveri possano sventolarla”.

Cari compagni è con orgoglio che vi auguro Buon Anno, un anno pieno di lotte, inieme alle nostre famiglie, ai compagni e a chi non ha mai piegato la testa, pieno di dignità,

 Insieme possiamo farcela Buon 2013….

La traiettoria è stata deviata perché hanno urtato sull'edificio», ha detto il questore di Roma, Fulvio Della Rocca


Ridicola spiegazione data dal Questore di Roma per il bombardamento con razzi lacrimogeni effettuato da cecchini dal Ministero della Giustizia.

I razzi sarebbero stati sparati dal basso e rimbalzati sul muro! Ma forse si tratta di una arrogante negazione della verità documentata dai video e dalle foto di un dirigente dello Stato che si ritiene in diritto di alterare la verità.

 Di una prepotenza e basta.

L'atteggiamento assunto dalla Ministra che promette una accurata inchiesta è preludio di insabbiamento e di negazione della responsabilità.

Avrebbe dovuto stigmatizzare l'accaduto e questo non lo ha fatto! La reazione del PD è blanda e priva di nerbo.

Qualcuno ha detto che i cecchini dovevano avere i razzi già pronti in Ministero.
 Quindi c'è stata premeditazione, disegno criminoso di cecchinaggio e non casualità Inquietante la perizia dei carabinieri sui razzi sparati dal Ministero di Via Arenula.

Hanno sostenuto l'inverosimile tesi del Questore che i razzi sarebbero stati sparati dall'esterno!

Se cosi fosse si dovrebbero vedere le scie ascendenti dei razzi il momento del loro contatto con il cornicione e della frantumazione e poi la scia discendente verso il basso,.

 Invece si vedono i razzi uscire chiaramente dalle finestre ed avviarsi verso il basso con una scia soltanto discendente,.

 Insomma carabinieri e polizia fanno muro e sostengono la stessa inverosimile verità.
Noi: lavoratori, studenti, manifestanti, restiamo convinti che si è trattato di cecchinaggio dai palazzi del potere.

Una sorta di messaggio che è stato fatto all'Italia da un governo che risponde solo con la violenza alle rivendicazioni delle persone. 

Sergio Marchionne e la truffa di “Fabbrica Italia”



Come annunciato già da diversi mesi, il 30 ottobre, in occasione della pubblicazione dei risultati realizzati nell’ultimo trimestre, Fiat ha presentato anche il piano industriale per il triennio 2013-2016.

Sono bastate poche slide per mettere la parola fine al progetto Fabbrica Italia, presentato appena due anni fa in pompa magna e oggetto di una propaganda tanto invasiva da ricordare forme comunicative tipiche del ventennio (chi non ricorda il famigerato spot televisivo del padre che parla al figlio neonato?).

Nel piano industriale non vi è traccia dei 20 miliardi di investimenti per gli stabilimenti italiani, delle 6 milioni di autovetture previste per il 2014;  ne sono state prodotte: nel 2012, per esattezza
  •  Mirafiori 44000, 
  • Melfi 148600, 
  • Pomigliano 119200, 
  • cassino 102000,
  •  per un totale di 413800 vetture; 

nel 2013 ne sono previste,
  • per Mirafiori  29700 (prevista solo la Mito), 
  • Melfi 175500, 
  • Pomigliano 177500 ( con la 4x4), 
  • cassino 111700,
  •  per un totale di 476400, neppure la metà di quando annunciato..

Attorno al progetto Fabbrica Italia si sviluppò la vicenda relativa al nuovo contratto di Pomigliano poi esteso agli altri impianti, la Fiat, con fare mafioso degno de Il Padrino, faceva ai lavoratori una “proposta che non potevano rifiutare”: voi accettate di farvi iper-sfuttare e di rinunciare ai più basilari diritti sindacali ed io vi assicuro la piena occupazione.

Lo spettro della chiusura degli stabilimenti ha fatto in modo che il ricatto passasse, nonostante la fiera resistenza di molti operai che, oltre a rifiutare un contratto che andava a peggiorare ulteriormente le proprie condizioni di lavoro, esprimevano non poche perplessità sul fatto che anche alle nuove condizioni la Fiat fosse capace di mantenere i livelli occupazionali.

Oggi tutti, compresi coloro che sostennero Marchionne - sia nel mondo sindacale che in quello politico - senza se e senza ma, sono costretti ad ammettere che quegli operai avevano ragione e che il nodo della sovraccapacità  produttiva è tutt’altro che risolto.

In realtà non bisognava aspettare la presentazione del piano industriale per capire che Marchionne stava vendendo fumo e che il progetto “Fabbrica Italia” non era altro che una truffa ben congegnata. Fin da subito, a Pomigliano, con l’inizio della produzione della nuova Panda ci si è accorti che qualcosa non quadrava.

Infatti “Fabbrica Italia Pomigliano” è stata progettata per produrre a pieno regime 1.050 auto al giorno e la NewCo, una volta riassunti i 1.800 operai, è arrivata a produrre 900 vetture al giorno, come si può pensare di riassorbire gli altri 2.400 lavoratori (attualmente in cassa integrazione) se bisogna colmare un gap di solo 150 auto?

 Tutto questo senza contare l’aggravante data dal fatto che la Panda non ha avuto un buon riscontro sul mercato e pertanto già da alcuni mesi a Pomigliano si è fatto ricorso agli ammortizzatori sociali.

Il rifiuto da parte della dirigenza a fornire notizie sui modelli in programma e sul piano degli investimenti ha destato, in questi anni, non pochi sospetti anche tra gli stessi operatori finanziari, in particolare riguardo all’alta liquidità di cui disporrebbe la multinazionale torinese su cui è in atto un indagine della Consob.

In un settore come quello automobilistico, dove mediamente servono quattro anni per portare un’auto sul mercato, era materialmente impossibile rispettare i programmi annunciati da Marchionne nel 2010 (6 milioni di vetture prodotte e 51 modelli per il 2014) senza che fossero effettuati da subito ingentissimi investimenti.

Dopo avere sbandierato il progetto “Fabbrica Italia” come “la svolta” per l’economia del nostro Paese, come l’uovo di Colombo capace di far contenti tutti (tutti i padroni, s’intende!), le dichiarazioni del 13 settembre scorso risultano a dir poco sbalorditive, Marchionne dice testualmente:

Da quando Fabbrica Italia è stata annunciata nell'aprile 2010 le cose sono profondamente cambiate. 
Il mercato dell'auto in Europa è entrato in una grave crisi e quello italiano è crollato ai livelli degli anni settanta. È quindi impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa. È necessario infatti che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati...

o per diffondere una nota come quella del 27 ottobre del 2011 in cui la Fiat affermava che non avrebbe più utilizzato la dizione “Fabbrica Italia”.

La verità è che il progetto “Fabbrica Italia” non è mai esistito.

Si è trattato esclusivamente di un’abile manovra attraverso la quale Fiat ha reperito risorse per procedere nel percorso, non ancora completato, di acquisizione di Chrysler.

Marchionne ha venduto sui mercati finanziari la possibilità di sfruttare in futuro i lavoratori in maniera ancora più intensiva, di renderli ancora più ricattabili e privi di diritti, l’opportunità di deteriorare ulteriormente delle loro condizioni di lavoro.

Queste condizioni sono però solo potenziali, sono armi messe a disposizione dei padroni e nulla più, in quanto di fatto non esiste nessun programma mirato alla saturazione degli attuali impianti presenti in Italia, e moltissimi lavoratori resteranno semplicemente a casa, senza avere l’occasione di “godere” del nuovo contratto.

E attraverso la costituzione di società fantasma, (scatole cinesi), è riuscito a selezionare in modo discriminatorio quei lavoratori cosiddetti sgraditi e a lasciarli fuori dall’azienda, raggirando le leggi previste per la Riduzione di personale - art. 24 legge 223/91, tutto ciò con la complicità di forze politiche e sindacali…

Oggi, gli stessi politici che fino a pochi mesi fa facevano a gara per accompagnare l’A.d. di Fiat ora prendono le distanze preoccupati delle possibili ripercussioni elettorali e lo stesso mondo dell’imprenditoria si dissocia temendo che le scelte del colosso torinese possano fungere da detonatore per il malessere sociale, aprendo così le porte ad una nuova stagione di lotte.

Va letto in quest’ottica l’annuncio fatto all’interno del piano industriale di non chiudere nessun impianto in Italia, una scelta che non trova giustificazione dal punto di vista delle strategie aziendali e che, se guardiamo al crescente indebitamento e all’andamento del titolo Fiat, negli ultimi giorni, è costata non poco in termini economici.

In parole semplici Fiat pur perdendo un mare di soldi è costretta per ragioni di carattere politico a mantenere in vita una struttura produttiva sovradimensionata rispetto alle propria necessità con il governo che dal canto suo è impegnato a reperire risorse per concedere la cassa-integrazione in deroga.

Una strategia che il padronato nostrano sta attuando in molteplici occasioni ed in particolare in quei settori - e in quelle vertenze - come Alcoa e Ilva che per numeri, livello di sindacalizzazione e combattività degli operai rappresentano delle vere e proprie mine vaganti. Mine che vanno disinnescate spostando la risoluzione delle vertenze più in là nel tempo, a quando le condizioni politiche ed economiche siano più congeniali.

Ciò dimostra come queste vertenze abbiano in sè una valenza immediatamente politica.
Oggi per noi non si tratta, come fa qualcuno, di giocare a fare l’amministratore delegato e di spiegare a Marchionne o ai manager Alcoa come fare un piano industriale, ma di decidere coerentemente da che parte stare.

È questa probabilmente una delle sfide più grandi che ci attendono da qui ai prossimi anni: trasformare quelle che sono apparentemente solo semplici vertenze in elementi di politicizzazione reale che elevino il livello della coscienza di classe e ci consentano di rappresentare realmente gli interessi dei lavoratori.

I siciliani bocciano questa politica


La maggioranza assoluta del popolo siciliano non si è recata alle urne schifata dalla politica fatta da oligarchi politicanti arroganti e magna magna.
Nel cupo scenario di una crisi sociale provocata dalla borghesia italiana per impoverire i lavoratori ed il ceto medio il fallimento della Regione è diventato più evidente.
Come tutti dichiaravano, le elezioni i
n Sicilia sono un referendum sul tipo di politica, mentre i partiti di dx e sx, sapendo dello scempio che hanno commesso in questi anni proseguendo da una parte sul malaffare e dall’altra promuovendo sudditanza ai poteri forti e alla finanza, hanno pensato di correre ai ripari con una lotta interna al rinnovamento.
Quindi non si attaccano le scelte politiche, ma si cerca semplicemente un cambio generazionale, come propone Renzi nel centrosx e la Santanche nel centrodx, come se la sfiducia fosse data al condottiero e non al tipo di politica.
Il lombardismo in sicilia, ma è prassi ovunque, la degenerazione della politica ha portato alle estreme conseguenze del fallimento morale e finanziario dell’italia, con sperperi del denaro pubblico, dilapidato da voraci consorterie politiche che hanno scelto la politica come business.
La politica nella sua accezione alta è morta da un pezzo e la pubblica amministrazione è oggetto di un assalto di violenti alla cassa.
Anche dentro i partiti i candidati onesti e poveri hanno dovuto soccombere alla aggressività ed alla prepotenza dei più forti e sostenuti da fameliche orde di aspiranti al profitto.
Ora la parola d'ordine dei mass-media è minimizzare la diserzione delle urne dei siciliani.
Se i grillini hanno avuto successo da come sembra è perché parlano una politica diversa fuori dalla triade e dalla morsa velenosa imposta dalla Germania.
La sx vera non quella opportunista, se vuole sopravvivere deve finalmente schierarsi,
• o con le politiche imposte dall’Europa,
• o scegliere di governare il proprio paese con politiche sociali, che proteggono l’Italia dalla speculazione finanziaria, dalla possibilità che grosse aziende di carattere nazionale possano essere esternalizzate, licenziando migliaia di lavoratori, “se la Fiat delocalizza, lo stato deve avere il coraggio di nazionalizzarla”, mentre con le politiche europeiste ciò è impossibile, e saremo costretti a ridurre sempre più lo stato sociale, assistenza previdenza.
I siciliani comunque hanno capito una cosa essenziale, Non c'è alcuna differenza tra centro-destra e centro-sinistra. Entrambi collocano i loro uomini in società miste che sono quasi tutte in rosso e sono incapaci di fare alcunché, pensano solo alla spartizione del potere.

Sinistra, svegliati: con la crisi della globalizzazione la dottrina del libero scambio è superata


Intervista di Marco Berlinguer a Emiliano Brancaccio, docente di economia e politica internazionale...
(Pubblico, 20 ottobre 2012)

La missione che si è dato Emiliano Brancaccio – brillante economista napoletano – è quantomai difficile. Nientedimeno che rompere un tabù: quello che si è creato attorno alla dottrina del libero commercio mondiale. La sua tesi è che con la crisi della globalizzazione capitalistica, nei fatti nuove forme di protezionismo e di controllo politico stanno crescendo. E che quella dottrina è in crisi e ormai superata. Ed è tempo che la sinistra se ne accorga, se non vuole che le proposte di limitazione dei movimenti di capitali e di merci - che incontrano crescenti consensi un po’ ovunque, anche in Italia - siano cavalcate soltanto da forze populistiche e nazionaliste.

Il protezionismo sta tornando di moda?
Tra il 2008 e il 2012 la Commissione europea ha registrato 534 nuove misure protezionistiche. Non solo l’Argentina, ma anche colossi come Cina, India, Brasile e Stati Uniti hanno introdotto restrizioni. La stessa Russia ha posto in essere 80 nuove misure protezionistiche, il che la dice lunga sul modo in cui intenderà gestire la recente adesione al WTO, l’organizzazione mondiale del commercio. L’unica potenza che ancora resiste alla tentazione di introdurre controlli sui movimenti di capitali e di merci è proprio l’Unione europea. Dietro ci sono gli interessi del paese più forte, la Germania, che dal libero scambio trae grandi vantaggi. Tuttavia, man mano che la crisi avanza, anche in Europa e in Italia aumentano i consensi verso misure di controllo dei commerci, di limitazione delle acquisizioni estere e di ripristino della sovranità nazionale sulla moneta. E’ un’illusione pensare di contrastare quest’onda con la solita vuota retorica europeista.

In effetti i segnali di protezionismo non mancano. Lo stesso Marchionne, in qualità di presidente dell’associazione europea dei costruttori automobilistici, ha criticato l’apertura indiscriminata alle importazioni di autoveicoli prodotti in Asia.
Non solo: Marchionne ha pure chiesto alla Commissione europea di governare i tagli di capacità produttiva delle case automobilistiche europee, in modo da lasciare invariate le quote di mercato: una vera e propria pianificazione pubblica europea dei volumi di produzione. E’ una posizione sensata che tuttavia apre una contraddizione, visto che al tempo stesso Marchionne rivendica piena libertà di trasferimento del capitale di Fiat all’estero ed esige dai lavoratori una totale sottomissione alle leggi del mercato. E’ l’ennesimo sintomo di crisi del liberismo e dei suoi ideologi, che da un lato si arrampicano sugli specchi per giustificare i massicci aiuti pubblici ai capitali privati, e dall’altro continuano a pretendere di avere mani libere nello scontro con i lavoratori.

E la sinistra, dice lei, risalta per il suo silenzio.
Per troppi anni ha subito il condizionamento ideologico del liberismo, dell’idea che la globalizzazione capitalistica fosse un dato ineluttabile e in fin dei conti benefico. Quando Fiat, o i vertici di Alcoa o la famiglia Riva - che hanno ricevuto varie forme di sostegno statale - hanno minacciato di abbandonare l’Italia e investire all’estero, Berlusconi e Monti hanno dato loro man forte sostenendo che un’impresa privata deve esser lasciata libera di trasferirsi dove meglio crede. E non mi risulta che da sinistra si siano levate molte critiche verso questa indiscriminata libertà di spostamento dei capitali. Oppure, quando scopriamo che gli impianti che producono carbone e alluminio in Sardegna sono scarsamente efficienti anche perché risultano in larga misura sottoutilizzati, non mi pare che da sinistra siano giunte proposte per tentare di ridurre un po’ le enormi quantità di questi prodotti che importiamo dalla Cina e dalla Germania. Se si lasciano queste tematiche ai soli movimenti nazionalpopulisti si commette un grave errore di prospettiva.

Quello che molti affermano è che il protezionismo provoca danni economici, pericolosi nazionalismi e persino guerre.
E’ un convincimento tanto diffuso quanto privo di evidenze. Il premio Nobel per l’Economia Paul Samuelson, che non era un protezionista, ci ha spiegato che in presenza di disoccupazione il libero scambio crea problemi, non vantaggi. E l’economista di Harvard Dani Rodrik ci ricorda che negli anni Cinquanta e Sessanta sussistevano numerosi controlli sui movimenti di capitali e di merci, eppure lo sviluppo, l’occupazione e la distribuzione del reddito erano molto migliori di oggi, anche perché quei controlli permettevano ai singoli stati di perseguire obiettivi interni, occupazionali e distributivi. Si potrebbe anche ricordare che la massima liberalizzazione dei movimenti internazionali dei capitali fu raggiunta esattamente alla vigilia della prima guerra mondiale. E’ dunque proprio un incondizionato liberoscambismo, soprattutto in tempi di gravissima crisi economica, che rischia di alimentare le peggiori pulsioni nazionaliste.

Lei arriva anche ad argomentare che una minaccia “neo-protezionista” da parte dei paesi del Sud Europa potrebbe contribuire a salvare l’unità europea. Sembra un paradosso. Ci spiega meglio?
L’Europa può ritrovare coesione interna solo se mette un freno alla competizione salariale al ribasso e attiva un “motore interno” dello sviluppo economico e sociale. Per adesso, tuttavia, ci stiamo muovendo in direzione contraria. La Germania ha imposto ai paesi periferici della zona euro una ricetta a base di depressione, disoccupazione e fallimenti aziendali. La stessa Banca centrale europea segue questa linea: è disposta a difendere i paesi periferici dalla speculazione solo a condizione che questi comprimano ulteriormente la spesa pubblica e il costo del lavoro e si dispongano a vendere i capitali nazionali, incluse le banche. Questa violenta ristrutturazione a guida tedesca trasformerà vaste aree del Sud Europa in deserti produttivi, destinati solo a fornire manodopera a buon mercato alle aree più forti. I gruppi d’interesse prevalenti in Germania sanno che questi processi potrebbero scatenare tensioni tali da indurre i paesi del Sud ad abbandonare l’euro, ma questa eventualità non li spaventa. L’unica vera paura dei tedeschi è che con la moneta unica salti anche il mercato unico europeo, sul quale si fonda la loro egemonia: cioè temono che i paesi del Sud introducano limiti alla libera circolazione dei capitali e delle merci in Europa. In Francia si discute da tempo di opzioni simili, ma il governo socialista non sembra disposto a esplicitare una minaccia protezionista. In Italia, per evitare tentazioni, abbiamo addirittura messo un irriducibile liberoscambista ai vertici del governo. La crisi però avanza, i nodi verranno al pettine. Se la sinistra insiste con il suo liberoscambismo acritico, a scioglierli verranno chiamate forze completamente estranee alla tradizione del movimento dei lavoratori.

Povera Italia



L'Italia è una società a perdere perchè non c'è una sx vera capace di raccogliere la protesta, farne una forza, mettere un freno al partito dei privilegiati capeggiato ieri da Berlusconi oggi da Monti e domani dai Di Pietro, Vendola e Bersani, difendere i diritti essenziali garantiti finora dalla Costituzione.

Una sx portavoce di una politica che migliori le condizioni di vita dell’intera società, una politica socialista, che garantisca servizi sociali e lavoro, dove lo stato ritorni protagonista attivo, e non semplice cassa dove i cosiddetti furbi padroni possano attingere benefici e ricchezza e scaricare debiti e costi.

L'assenza di un fronte socialcomunista ed il collaborazionismo di CGIL, CISL, UIL, con  padronato e governo, azzerano la prospettiva democratica e progressista.

Il futuro dell'Italia semplicemente non esiste per milioni e milioni di persone.

Le lotte dei lavoratori vengono fatte cuocere ognuna nel suo brodo di disperazione.
 La CGIl si guarda bene dal dare loro un punto di unificazione che ne potenzierebbe le possibilità di successo.

Le lotte sono isolate e le persone abbandonate al loro destino.

Hanno una parolina magica con cui giustificano tutto: è la globalizzazione!

Ed invece no! E' la lotta di classe che sta distruggendo la classe operaia facendone una massa di poveri senza diritti, quella lotta di classe che un tempo vedeva protagonisti i lavoratori e che contribuì alla conquista di diritti fondamentali, da anni oramai sono i padroni a condurla.

Grazie ai sindacati filo padronali e a politici sempre più casta e asserviti ai  loro interessi.
Oggi abbiamo avuto l'accendersi di una speranza dallo sciopero degli studenti, dalle lotte delle donne mogli dei lavoratori, alle grosse manifestazioni del popolo greco, spagnolo e Portoghese.

 Gli studenti i cittadini sanno di essere stati fottuti. Le loro famiglie sono in crisi.
Spesso il papà è cassaintegrato o licenziato. Sanno che non hanno niente da aspettarsi da Monti da Passera da Fornero dalla Camusso da Bersani etc...

 Questi signori hanno già sistemato bene i loro figli.

Dei figli dell'Italia lavoratrice se ne fregano ed hanno per loro una camera di tortura ben oliata: la legge Biagi!

Eppure tutti dicono che sono contro il precariato, dalla dx alla sx, a volte mi chiedo ma a sentir loro, ma era solo quel coglione di Bertinotti nel 95 a voler il precariato?
Eppure se tutti sono contro perché non è stata mai abolita? Si dice che favorisce i padroni, ma allora questi partiti che hanno governato, favoriscono i padroni o il popolo e i giovani?

E infine se i cosiddetti compagni che hanno voluto il referendum sull’art. 18, mi chiedo, ma perché non hanno aggiunto al referendum l’eliminazione del precariato, “legge Biagi pacchetto Treu”, sarà forse che anche costoro dopotutto faccia comodo il precariato?

O e semplicemente perché a Vendola serviva più un posto in parlamento che l’eliminazione del precariato?, visto che mai il Pd avrebbe accettato una coalizione con chi promuove ciò?

Povera Italia…. 

Il dietrofront della Fiom


Colpisce la durezza con cui Landini e Airaudo stanno lavorando alla cacciata della sinistra Fiom dalla segreteria nazionale.
Colpisce perché mai era stato messo in discussione in Fiom il diritto al dissenso, la possibilità cioè che su alcune questioni si potessero registrare opinioni differenti anche all'interno della segreteria. E' sufficiente leggere dal sito Fiom i materiali dei comitati centrali degli ultimi dieci anni per averne testimonianza indiscutibile. Mai nessun segretario generale era arrivato al punto di convocare il comitato centrale a porte chiuse, peraltro con un ordine del giorno inquietante: “rapporto politico sull'organizzazione”, per porre in discussione l'opportunità della mia presenza in segreteria.
Mai si era arrivati al tentativo, peraltro infruttuoso, di azzerare la segreteria con le dimissioni di due segretari su 4 pur di cacciare il dissenso.
Perché?
La questione è squisitamente politica, nonostante i goffi tentativi di qualcuno di metterla sul piano personale.
C'è la svolta della Fiom, radicale, netta.

così inizia il commento di Sergio Bellavita seg. Fiom espulso da Landini, che pone la necessità di rilanciare la rete 28 aprile, ossia un'opposizione all'interno della Fiom.


Le scelte del segretario nazionale della Fiom di cacciare dalla segreteria la sx fiom è una scelta politica, nessuno deve mettere in discussione le scelte della Fiom e tantomeno porre degli altolà alla Cgil.

E' chiaro che tale scelta condizionerà enormemente le linee politiche della FIOM, e sposterà l'asse sempre più a dx, fino a rientrare su posizioni comuni con Fim e uilm, proprio come sempre voluto dalla Cgil.

ed è chiaro che tutto ciò si ripercuoterà sulla base della Fiom, e i primi segnali si sono visti proprio a Pomigliano dove l'indicazione che viene dalla Fiom alle proprie Rsu è di partecipare alle iniziative con il sindacalismo di Base nello specifico Slai-Cobas ma a titolo personale, o come richiesto dai delegati Fiom come comitato dei cassintegrati, senza che compaia la bandiera Fiom, in modo che l'organizzazione ne resti fuori.

Il tutto si ripete, l'inizio del rientro Fiom, la rivendicazione di ricostruire la Fiom attraverso le correnti all'interno, sono scenari già visti e prassi già consolidate che non conducono a nulla tranne ad illudere quei compagni più combattivi presenti all'interno dell'organizzazione.

percorsi già praticati prima con essere sindacato, poi con alternativa sindacale, confluita poi nella rete 28 aprile, oggi ci risiamo con la solita manfrina.
Sono anni che la Fiom e la Cgil sono identici a Cisl e Uil se non peggio perchè alimentano false speranze, oggi abbiamo bisogno di altro di costruire un movimento sindacale vero forte anticapitalista e sopratutto di classe e ciò deve avvenire partendo da quello che abbiamo ossia da tutte quelle forze sindacali che hanno sempre respinto il "falso" piano Marchionne.

Uomini, ominicchi e quaquaraqua


" A da veni baffon! "
C'è una sorta di reazione di sgomento superstizioso quando si cita positivamente Stalin.
C'è una responsabilità storica del gruppo dirigente comunista non più bolscevico del XX Congresso. Immaginatevi al posto di Togliatti, Gramsci,Terracini, Scoccimarro, Secchia, persone come Bersani, D'Alema, Veltroni, Camusso, Napolitano.
Insomma la corrente migliorista del PCUS ha preso il sopravvento e i dirigenti della potente Unione Sovietica non accettavano più come Stalin di ricevere un modesto compenso mentre oramai amministravano ricchezze e risorse immense.
Per quanti privilegi potesse avere la Nomenclatura essi erano ben misera cosa in confronto a quelli ai quali agognavano le cricche radunate attorno a Kruscev e poi trenta anni dopo attorno a Gorbacev.
La direzione di un immenso Stato ne aveva fatto dei borghesi senza averne però i vantaggi che hanno i dirigenti delle "democrazie" occidentali.
Lo stalinismo era il massimo di idealità e di spiritualità nella gestione dello stato comunista.
Una gestione di persone che guadagnavano al massimo tre o quattro volte quanto un operaio.
Il kruscevismo è stato un colpo di stato borghese dentro il comunismo fatto dal suo stesso ceto dirigente! Stalin aveva capito che questo era possibile che accadesse ma probabilmente era oramai troppo anziano per potere mettere in salvo il potere bolscevico da nuovi borghesi.

Guardate la fine miserevole fatta da Gorbacev ridotto a vendersi come un prodotto pubblicitario, come la prova della impossibilità del comunismo.
Gorbacev che nel constatare quanti danni ha prodotto all'URSS non ha ancora avuto l'onestà di farsi una pubblica autocritica e dire: "ho sbagliato".

Migliaia di neoricchi russi che gozzovigliano negli alberghi più lussuosi dello Occidente, personaggi che possiedono venti anni dopo la caduta del comunismo patrimoni di miliardi e miliardi di rubli mentre la società russa subisce una sorta di regressione antropologica con una terribile diminuzione di natalità e migliaia e migliaia di poveri non hanno casa e d'inverno muoiono per strada, centinaia di migliaia di bambini abbandonati in Bielorussia, Ucraina, Georgia sono la terribile prova di quanto fosse avvelenato il pomo della libertà offerto da Gorbacev e dal sicario degli USA Eltsin al popolo russo.
Solo un ritorno all'etica bolscevica del comunismo edificato da Lenin e da Stalin può ridare speranza non solo ai russi ma all'umanità per la quale Stalin era un faro, un punto di speranza.
 "A da veni baffon" tornerà a spingere un movimento per recuperare gli ideali del comunismo, la sua etica umanitaria superiore a quella di qualsiasi religione.

Desidero chiudere ricordando le parole di Pietro Nenni e di Rodolfo Morandi nel ricordo che fecero sull'Avanti! del marzo 1953 di Giuseppe Stalin:
"L'umanità ha perduto un grande condottiero di pace e di libertà!"

notizie dal carcere su Cuba



- dal mio amico Fabrizio Rossi da Roma

Ricevo, e comunico la traduzione, di una lettera proveniente da un carcere
degli Usa.
Chissà che qui qualcuno non voglia trasferirla ad esempio ad Amnesty
International, di regola un po' strabica.

Saluti.
Fabrizio Rossi
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Cari amici,

a Cuba, la nostra amata patria, si sono appena iscritti più di 2 milioni di
studenti, fra politecnici, tecnici e università.

Nell'anno passato, nelle cosiddette Scienze Mediche, cioè medicina,
stomatologia, psicologia, infermeria e tecnologia pertinente, si sono
formati 32.171 professionisti: e fra loro 5.694 medici di 59 Paesi del
mondo, un po' più dei 5.315 nuovi medici cubani.
Ogni anno dai 47 centri docenti di formazione artistica escono circa 1.200
studenti.
Sono solo pochi dati dell'educazione cubana, che è del tutto gratuita.

Il tasso di mortalità infantile negli ultimi cinque anni s'è mantenuto nel
nostro Paese al di sotto del 5% su mille nati vivi. Nel 2011 fu del 4,9%, il
più basso di tutto il nostro continente (negli Stati Uniti del 6,06%).

La speranza di vita è quella dei Paesi sviluppati: oggi 77, 98 anni. Questo
è un indicatore, secondo quanto dice un esperto, "che riflette le condizioni
di vita, di salute, di educazione ed altri aspetti socioeconomici di un
Paese o regione".
E questi sono solo due indicatori della sanità cubana, che è del tutto
gratuita.

Nel 2011 sono stati a Cuba 2 milioni e 700 mila turisti, cifra record. (...)
Un 84% ripeterebbe il viaggio. Un funzionario dell'ONU per la Prevenzione
del crimine ha dichiarato recentemente che Cuba è il Paese più sicuro della
regione, spiegando che non presenta la grave situazione di violenza che
caratterizza il continente e ha grandi risultati nella riduzione della
criminalità. Inoltre, ha elogiato le conquiste nello sport, cultura, sanità
ed il fatto di aver sradicato l'esclusione totale.

Il rappresentante dell'UNICEF a Cuba ha dichiarato che il livello d'applicazione
della Convenzione sui diritti del bambino è eccellente.
Il nostro Paese solidale ha relazioni diplomatiche con 190 Paesi. Con molti
mantiene una stretta relazione di fratellanza e cooperazione, offrendo non
quello che ci avanza - e veramente non c'è niente che ci avanza - ma quel
che abbiamo.
Più di 5 milioni di persone in diversi Paesi sono state alfabetizzate grazie
al metodo cubano "Yo, sí puedo".

Un Rapporto al Congresso USA del luglio di quest'anno, che in gran parte è
calunniatore, riconosce che Cuba non è produttore nè consumatore di droga, e
che il governo cubano ha preso importanti misure per evitare che si sviluppi
il problema della droga, sempre offrendo cooperazione e disponibilità a
sottoscrivere accordi con il nostro vicino del nord per combattere questo
flagello.

Militari di alto grado, ve lo ricorderete, hanno dichiarato nel nostro
processo che Cuba non è una minaccia militare per gli USA.

Al compimento di 14 anni di ingiusta reclusione, esamino questi dati che
nessuno può controbattere, guardo al mondo di oggi che si dibatte dentro una
complessa situazione economica e di guerre di rapina che possono portare
alla distruzione della nostra specie, e pensando al nostro popolo tanto
abnegato, fraterno, nobile quanto eroico, mi domando:

Perchè gli Stati Uniti ci strangolano con il blocco?
Perchè proteggono e appoggiano il terrorismo contro Cuba?
Perchè alimentano un gruppo di mercenari che si fanno chiamare "dissidenza"?
Perchè mistificano costantemente la nostra realtà?

La mia prima risposta che credo riassuma tutto è: Perchè si vuole uccidere l'esempio.

Perchè siamo stati arrestati, sottoposti a punizioni, processati a Miami,
condannati alle più sproporzionate pene, dispersi in cinque prigioni?

Per difendere l'esempio del vile flagello del terrorismo o forse per meglio
dire, per punire questo esempio che è il nostro popolo...
"Un principio giusto, anche dal fondo di una caverna, può più di un
esercito..."
"...all'uomo degno non costa morire aspettando nell'oscurità al servizio
della patria..."
"... Patria è umanità..."
così l'Apostolo della nostra piena indipendenza, José Martí.

Grazie per il vostro costante appoggio, per l'indistruttibile solidarietà.
Cinque abbracci.
¡Venceremos!

Antonio Guerrero Rodríguez
9 settembre 2012
Prigione Federale di Marianna (U.S.A.)

Chi se ne fotte dei tarantini malati di cancro?

Cucù, Cucù, Cucù l'inquinamento dell'Ilva a Taranto non c'è più. 

Miracolo di Monti e di Clini che hanno fatto sparire con un colpo di bacchetta magica la Magistrata che si occupava dell'inchiesta e che aveva "creato" l'inquinamento portandolo alla ribalta dei massmedia. 

Si sa tutto quello che la televisione non dice non esiste! Ieri corteo dei cittadini di Taranto che continuano a morire come mosche di vari tumori. 

Ma non ne ha parlato nessuno! Presto anche noi distratti da altro non ne parleremo più tanto a che serve? Serve forse a qualcosa? Che fine ha fatto la magistrata Patrizia Tudisco?

http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/08/31/foto/protesta_tamburi-41752175/1/

Primi commenti alla sentenza di cassazione sui fatti di Genova


Pesantissime condanne confermate dalla Cassazione per alcuni dei giovani noglobal per i fatti di Genova 2011. Una condanna a 15 anni di carcere, altre a 12 o 10 anni. La stampa nasconde questa notizia quasi vergognandosene sotto un titolo per riferisce della riduzione delle pene per alcuni degli imputati. La Magistratura ogni tanto dimentica o finge di dimenticare che le condanne non possono essere "esemplari" ma giuste e proporzionate al reato commesso. Ma a quanto pare nella condanna "esemplare" del passato si vuole scoraggiare un futuro di lotte in una Italia in cui per i lavoratori non ci sono più diritti e per i giovani non c'è futuro.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-07-14/genova-pene-ridotte-otto-081703.shtml?uuid=Ab9xCg7F


LA SCHIAVITU' DEL DEBITO PUBBLICO E' STATA INVENTATA DI RECENTE

L'idea che lo stato si debba indebitare con moneta che lui stesso crea e poi milioni di contribuenti debbano essere tosati per pagare gli interessi del Debito Pubblico ecc... è stata inventata di recente. Nessuno si è mai sognato per tremila anni una cosa del genere, prima di oggi.

Nella storia lo stato che si indebita in modo colossale con moneta che lui crea e viene schiacciato da interessi e poi ha default, sacrifici, tasse, depressione.... è un fenomeno creato solo dagli anni '70 ( inizialmente in Sudamerica).

Come idea era sorta a metà '800, ma allora lo stato aveva una spesa pubblica minima, intorno al 5% del PIL al massimo (salvo che durante la guerra), per cui anche quando aveva deficit non era un vero problema.

Il meccanismo del debito pubblico e interessi, che adesso a noi viene descritto come normale, fino a poco tempo fa incontrava tremende resistenze (di cui una delle tantissime testimonianze è l'articolo firmato assieme da Thomas Edison e Henry Ford sul New York Times nel 1922 che ho citato qui sotto). Ma qualunque pensatore occidentale degli ultimi 2 mila anni troverebbe assurdo e folle che tutta l'economia giri intorno al problema dello stato che deve pagare montagne di interessi con moneta che lui stesso può creare.

Nell'800 ci furono scontri violentissimi su questo tema, in America ad esempio William Jennings Bryan diventò candidato presidenziale per quattro volte e arrivò vicino a vincere un paio di volte, avendo come programma in pratica liberare lo stato e gli agricoltori dalla schiavitù del debito tramite il "free silver". Come dice anche Wikipedia http://en.wikipedia.org/wiki/Free_Silver "free silver" fu il tema economico centrale dell'America dell'800.

Jennings Bryan voleva la moneta d'argento, che era però molto abbondante, in mano allo stato, contro il Gold standard che volevano i banchieri perchè l'oro era scarso e quindi se ti indebitavi dovevi ripagare in oro e vincevano i creditori e la deflazione.... 

Nel 1907 William Jennings Bryan tenne alla convenzione di Chicago il più famoso discorso della politica americana di questo secolo, quello sul "Crocifiggere sulla Croce d'Oro", crocifiggere gli agricoltori e lavoratori americani come Cristo sulla croce del Gold Standard. Jennings Bryan creò una tale emozione e frenesia alla convenzione del partito che gli vale la nomina immediata come candidato presidenziale. 

Per batterlo dovettero mettersi assieme i vari Rockfeller, Morgan, Kuhn Loeb, Warburg, gli interessi finanziari, che spesero dieci volte di più per far vincere l'altro candidato. Ma la forza del discorso di Jennings Bryan fu tale che per altre tre volte diventò candidato presidenziale, fuori dai partiti ufficiali, come populista. Per un secolo il movimento populista in America ebbe sempre come tema economico centrale LA MONETA e riuscì a tenere a bada il partito della finanza, (si vede che una volta senza TV e cinema la gente era più intelligente...)

Negli anni '20 e anni '30 questa opinione, che lo stato non debba indebitarsi a interesse e debba usare la propria moneta senza interessi a favore dell'economia e della comunità, era ancora maggioritaria in molti paesi e dibattuta ovunque, anche nella Teoria Generale di Keynes, dove parla di Silvio Gesell ad esempio.

In Germania un ingegnere diventato economista, Gottfried Feder, nel 1919 teneva conferenze sulla "Zinsknechtschaft", la schiavità dell'interesse" e un reduce e disoccupato austriaco lo sentì parlare e fu fulminato dalle sue teorie. Insieme con altri due o tre formarono il "partito dei lavoratori tedeschi" (poi rinominato con un nome diventato noto) di cui Feder creò il programma economico e quando scoppiò la crisi degli anni '30, la Depressione e ci furono sette milioni di disoccupati vinsero le elezioni e andarono al potere. 

Feder centrò tutto il programma economico sul fatto che lo stato si doveva finanziare senza interessi e senza debito per sostenere l'economia e il welfare. Senza la sua soluzione per la moneta l'austriaco non sarebbe andato al potere e non avrebbe avuto il successo che lo rese un semidio per i tedeschi. Una volta adottata la loro politica raddrizzò infatti la situazione in quattro anni, dal 1933 al 1937, rendendo l'ex-pittore e reduce austriaco il politico più popolare dell'epoca.

Gli esempi di William Jennings Bryan e di Gottfried Feder/Hitler dimostrano che questa è un idea esplosiva, quando la gente viene esposta all'idea dello stato che può creare moneta senza debito, a fini di benessere pubblico, reagisce come se gli fosse rivelato un Vangelo e ti segue in massa.

La cosa incredibile è che ora invece si da per scontato tutto il contrario, che sia normale indebitare lo stato con la moneta che lui stesso crea e poi soffocare l'economia di tasse, un congegno che ha preso piede per la prima volta veramente tra il 1970 e il 1980.

Fonte: www.cobraf.com
Link: http://www.cobraf.com/forum/coolpost.php?topic_id=3011&reply_id=123476650

La lotta per il lavoro non basta a difendere la classe operaia


Unire le lotte per conquistare il salario a tutti i licenziati e la riduzione dell'orario
La mancanza di commesse per i cantieri navali, così come la chiusura delle fabbriche FIAT e il massiccio ricorso alla Cassa integrazione, sono parte della crisi di sovrapproduzione del capitalismo mondiale che investe tutti i settori produttivi.
In Italia, in Europa, nel mondo le fabbriche chiudono e licenziano, o interrompono la produzione ricorrendo, dove vi sono, agli ammortizzatori sociali.
Questa crisi in cui sprofonda il capitalismo non ha soluzione al suo interno.
Continuerà ad aggravarsi in una spirale dalle conseguenze sempre più drammatiche.
Non solo non si torneranno a produrre tante navi, auto, e ogni altro genere di merci come ai livelli precedenti, ma la borghesia cercherà di farlo con meno operai e per meno salario.
Affrontare questa situazione con una miriade di vertenze aziendali, separate fra loro, per i lavoratori è una via suicida. È necessario invece unire le singole lotte in un movimento generale di tutta la classe lavoratrice. Questo sarebbe il compito primario di un vero sindacato di classe .
Ciò che occorre è impostare le lotte per obiettivi che uniscano veramente, al di sopra della fabbrica, azienda, categoria.
Di fronte alla crisi la lotta per difendere “il posto di lavoro” è sempre più inadeguata . Infatti:
– Nell'ambito ristretto del cantiere e della fabbrica la lotta per scongiurare il licenziamento o la cassa integrazione può servire a guadagnare un po' di tempo, a rimandare di qualche mese la chiusura; ma si permette intanto al padronato di alimentare la concorrenza tra cantiere e cantiere, tra fabbrica e fabbrica, addirittura tra un lavoratore e l'altro;
– Mentre la minaccia del licenziamento e la disoccupazione accomunano sempre più tutta la classe operaia, restano a difendere il “posto” un numero ristretto ai dipendenti di una singola azienda, la “loro”, invece di divenire la base per una molto più forte lotta comune;
– Se alcune aziende sopravvivono, colpendo duramente i loro operai, molte altre non reggono alla recessione e chiudono. Cosa dovrebbero fare quei lavoratori per rivendicare “un lavoro”, offrirlo gratis?
– Lottare “per il lavoro” , o per il “blocco dei licenziamenti” , conduce gli operai, pur di continuare a lavorare, ad accettare ogni imposizione padronale, tagli al salario, aumenti dei carichi di lavoro, esuberi, come, ultimo esempio, a Monfalcone, con la firma anche della FIOM provinciale e della RSU, e al Muggiano, e prima a Pomigliano e a Mirafiori. Questo peggiora la condizione dei lavoratori ancora in produzione, che accettano di lavorare in meno e più intensamente, e quella dei sempre più numerosi disoccupati, che un lavoro non lo troveranno mai, dividendo e contrapponendo gli uni agli altri;
– Lottare per il “sostegno statale” spinge i lavoratori a richiedere che a ottenere i finanziamenti sia la “propria” azienda, se non il “proprio” stabilimento o cantiere, e non si pensa alle altre.
 Inoltre, fatto ancor più grave, divide i lavoratori delle grandi aziende, che sono una minoranza della classe operaia, da quelli delle piccole e medie, che non possono sperare negli aiuti dello Stato, ed ecco che il padronato si mobilità e chiede con forza la modifica dell'ultimo baluardo di tutela, l'art18, la libertà di licenziamento.
Di fronte alla crisi generale del capitalismo, devastante e definitiva, i lavoratori non devono lottare solo contro l'azienda, “per il lavoro”, ma soprattutto e sempre più contro tutta la borghesia, industriale e finanziaria, affinché paghi ai licenziati, attraverso il suo Stato, un salario adeguato a vivere . Sarà un problema dello Stato borghese, e del padronato, fornire loro un lavoro, d'altronde è previsto dalla carta costituzionale.
La rivendicazione del salario ai lavoratori licenziati e ai disoccupati unisce tutti i lavoratori : delle grandi aziende e delle medie e piccole, delle ditte in appalto e delle aziende committenti, i lavoratori precari e quelli relativamente più garantiti, gli occupati ei disoccupati.
Ad essa deve essere affiancata la rivendicazione di un salario minimo per tutti i lavoratori , uguale al salario di disoccupazione, e quella della riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario .
Questi sono gli obiettivi sui quali è possibile creare un movimento di tutta la classe operaia . Per imporli i lavoratori devono costruire la loro organizzazione di lotta: un vero Sindacato di classe , fuori e contro tutti i sindacati di regime (CGIL, CISL, UIL) che da decenni sono lo strumento indispensabile della borghesia per mantenere divisa e sconfiggere la classe lavoratrice.
Questa crisi per il capitalismo è mortale. Al di sopra di tutte le illusioni si sta dimostrando che la borghesia, pur di mantenere il proprio dominio ei propri privilegi, è pronta a sacrificare la grande maggioranza dell'umanità.
Solo la classe operaia ha in sé la forza e il germe della società futura. Se il capitalismo muore i lavoratori invece vivranno, in una società libera dal Capitale .
Lottare per il salario ai lavoratori di cui il Capitale vuole disfarsi, per esso ormai merci inutili , significa già oggi unire la lotta per le necessità immediate di ogni lavoratore alla lotta per la società di domani, senza classi e senza lavoro salariato. 

MECCANISMO EUROPEO DI STABILITA’: SOLO UNO DEI CAPITOLI DEL GOLPE, NULLA DI NUOVO.


DI PAOLO BARNARD


Prima una spiegazione, poi il mio commento.

Cosa è: MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, cioè un fondo europeo di liquidità per soccorrere quegli Stati dell’Eurozona che (a causa dell’Eurozona, nda) sono alla bancarotta.
Chi l’ha firmato: Belgio, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Cipro, Lussemburgo, Malta, Olanda, Austria, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia. 

Quando: 02-02-2012 a Bruxelles. (il gov. Berlusconi l’aveva approvato in Consiglio Europeo già nel marzo 2011)

Cosa dice il Meccanismo Europeo di Stabilità.

Prima cosa, che tutti gli aderenti devono obbedire ai precedenti capitoli della sottrazione della sovranità nazionale e monetaria, come i Trattati UE, il Patto di Stabilità, Il European Semester, il Preventing Macro Economic Imbalances, l’Europact, il Fiscal Compact ecc. di cui ho già scritto.
Gli stati che vogliono ottenere un soccorso dal MES devono aver firmato il Fiscal Compact entro il 1 marzo 2013 (leggete cosa ho scritto del Compact, nda).

Il MES collabora col Fondo Monetario (FMI) sia come consulenze che come approvvigionamento di denaro. Gli stati che vogliono ottenere un soccorso dal MES devono anche notificare il FMI della loro richiesta.

Il MES è finanziato da quote versate dagli Stati membri secondo una percentuale ad hoc per ogni Stato. Ogni Stato versa una cifra e riceve azioni in cambio. L’Italia dovrà versare in scaglioni una percentuale del 17,9% del totale, cioè 125,3 miliardi di Euro, sul totale di 700 miliardi di Euro.

Il MES può anche raccogliere fondi emettendo titoli propri, o con accordi con istituti finanziari o con altri soggetti, ovvero prendendo prestiti dai mercati di capitali privati.

Il MES sancisce che da ora in poi tutti i titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona saranno forniti di Collective Action Clauses (CACs). Sono quelle regole che, in caso di ristrutturazione del debito di uno Stato (lo Stato non può pagare appieno), permettono a una maggioranza di creditori (che hanno comprato i titoli di quello Stato) di accettare perdite in una certa percentuale e di costringere però i creditori che non sono d’accordo ad accettarle.

I crediti concessi a un Paese membro dal MES hanno la priorità su altri crediti che quel Paese debba ripagare, ma non su quelli del FMI.

I lavori del MES, della sua Assemblea dei Governatori, dell’Assemblea dei Direttori, e del Direttore Esecutivo sono aperti ad osservatori della BCE, del FMI, dell’Eurogruppo, ma non al Parlamento Europeo (che è l’unico eletto dai cittadini, nda). Nessuna inclusione formale per sindacati e gruppi di società civile. Potrebbero essere invitati ma a discrezione del MES.

Gli Stati versano una quota a questo fondo, e in caso di guai finanziari sono responsabili solo per la percentuale versata, e non oltre.
(La parte peggiore del MES è questa che segue, anche se riflette ciò che è già sancito dal Fiscal Compact e da altri Trattati precedenti, nda): lo Stato che chiede soccorso finanziario deve scrivere, in accordo con la Commissione Europea, col FMI e con la BCE, un Memorandum dove si vincola a obbedire a tutto ciò che il MES e FMI gli imporranno, a tutti i Trattati, a tutte le condizioni del prestito, persino a critiche e suggerimenti dei sopraccitati (senza fiatare, cioè perde anche l’ultimo grammo di sovranità nazionale e politica, ma, ripeto, questo è già in altri capitoli del Golpe Finanziario, nda).

Il MES può prestare a uno Stato anche per ricapitalizzare le banche (di fatto fallite, nda) di quello Stato.

Il MES può comprare i titoli di Stato del Paese in difficoltà direttamente all’emissione (mercato primario). O sul mercato secondario (titoli già emessi).

Il MES tenterà di far fruttare il gruzzolo raccolto con le quote degli aderenti per ripagare i suoi costi vivi.

Se i fondi del MES saranno superiori ai bisogni di liquidità d’emergenza del momento, e se non ci saranno creditori del MES da ripagare, il MES potrà ridistribuire il surplus agli Stati aderenti.

Se il MES ha perdite, esse saranno coperte in prima istanza col fondo di riserva; poi col capitale versato dagli Stati membri; infine chiedendo agli Stati un nuovo esborso.

I conti dei MES saranno controllati da revisori dei conti interni ed esterni, con pieni poteri di controllo e accesso. Gli esterni dovranno essere del tutto estranei agli ambienti del MES, e non dovranno rispondere a nessuno se non a se stessi.

Il MES gode di immunità totali: le sue proprietà, fondi, beni liquidi e illiquidi, dovunque si trovino, e posseduti da chiunque, sono immuni da qualsiasi intervento giudiziario, da perquisizioni, da sequestri, da espropri, da parte di governi, giudici, amministratori, o parlamenti, a meno che il MES stesso non lo permetta.

 Sono immuni anche da restrizioni, moratorie, regolamenti e controlli. 

Il MES non dovrà chiedere autorizzazioni o licenze ai governi membri per funzionare come istituto finanziario e creditizio a fronte delle loro leggi nazionali. Limitatamente agli atti compiuti come responsabili del MES, godranno di immunità legale tutti i suoi dirigenti, e anche altro suo personale, e il MES godrà di inviolabilità dei suoi documenti. Tali immunità possono essere revocate solo dall’Assemblea dei Governatori o dal Direttore Esecutivo.

Le dispute fra Stati membri, o fra loro e il MES, in merito al MES sono giudicate dall’Assemblea dei Direttori, dall’Assemblea dei Governatori, e se lo/gli Stato/i giudicato/i non accetta/accettano la sentenza, la decisione finale è delle Corte Europea di Giustizia, cui ogni Stato deve sottomettersi per vincolo di legge europea.
(I parlamenti nazionali degli Stati membri del MES non sono neppure menzionati nel Tratto che stabilisce il MES, nda).

Commento di Barnard:
Il MES è solo un addentellato di una struttura illegittima, golpista e distruttiva delle nostre democrazie ed economie che è ben più ampia. 

Come tale non merita la sproporzionata attenzione che qualcuno sta sollecitando, e che nasconde il contesto che l’ha prodotto, cioè la vera bestia nera da combattere. 

Purtroppo qualche attivista con poca visione d’insieme, e con forse un desiderio di emergere, sta facendo molto chiasso sul MES brandendo aspetti di esso che sono peraltro neppure i peggiori. 

Come per esempio il capitolo sulle sue immunità. Certo, è vero che sono soldi degli Stati che saranno gestiti da una elite di intoccabili, ma per prima cosa questo non è nulla di nuovo: sono stati gestiti così immensi fondi della Banca Mondiale, del Fondo Monetario, della UE dalla sua nascita, per cui non comprendo perché solo ora si gridi allo scandalo. 

In secondo luogo, per certi aspetti l’immunità di questo tipo di fondi sovranazionali è persino giustificata: l’intenzione in linea puramente giuridica è di evitare che agenti locali o persino individui (non sempre in buona fede) possano bloccare il funzionamento del fondo per vie legali con fini politici o di speculazione che possono essere perniciosi. 

Infine, ripeto, non è l’immunità in sé l’oggetto dello scandalo, ma i Trattati che sono venuti prima del MES, e che sono assai maggiori di esso.

Ritengo che la pietra nera di tutta sta storia sia la solita: il sistema Euro. Infatti, a ben guardare, il MES funziona così: 
gli Stati membri devono contribuire una montagna di Euro al MES. Ok. Da dove li perndono? Li prendono dove prendono tutti gli Euro, e cioè dai mercati di capitali privati indebitandosi, e dalla tassazione di cittadini e aziende. 

Ma i mercati dei capitali da chi ricevono gli Euro? Dal sistema delle Banche Centrali (BC) dell’Eurozona. 

Quindi ecco il giro: dalle BC ai mercati di capitali, dai mercati di capitali ai Ministeri del Tesoro dei Paesi membri del MES; dai Ministeri del Tesoro al MES sotto forma delle quote da contribuire; 
dal MES quei soldi partono in due direzioni: 

A) nelle casse del Paese da salvare e che è indebitato coi mercati dei capitali o con le Banche Centrali dell’Eurozona, e che li ripagherà; 

B) oppure nelle casse dei medesimi mercati di capitali o delle Banche Centrali dell’Eurozona sotto forma di investimenti in titoli o assets finanziari da parte del MES. 

Ora si noti:
tutto parte dalle Banche Centrali dell’Eurozona, passa per i mercati dei capitali privati e ritorna nelle Banche Centrali dell’Eurozona e nei mercati dei capitali privati, avendo però prima indebitato ulteriormente gli Stati della zona Euro e tassato a sangue i cittadini e le aziende. 

Come si è già detto, uno o più di quegli Stati userà quel credito/debito per onorare i titoli detenuti dalle Banche Centrali dell’Eurozona e dai mercati di capitali privati. 

Cioè:
le Banche Centrali dell’Eurozona e i mercati dei capitali privati si sono inventati un sistema per inventarsi soldi con cui pagarsi i crediti scoperti scaricando però l’onere di quel trucco sui debiti pubblici degli Stati membri dell’Eurozona e su cittadini e aziende.
 (questo vale identico anche nel caso di fondi MES usati per ricapitalizzare le banche) 

Non solo, nel frattempo i mercati di capitali ci guadagnano anche gli interessi sugli Euro prestati.

 In ultimo, lo Stato da salvare col MES avrà prima sborsato la sua quota di partecipazione al MES, che sono soldi su cui già paga interessi ai mercati privati, poi quei suoi soldi gli torneranno indietro col prestito d’emergenza del MES gravati da altro strozzinaggio di tassi e da condizionalità che gli distruggeranno la democrazia e l'economia per altri 50 anni. 

Cioè, tutto quanto sopra è, come scrissi mesi fa:
un manicomio criminale a piede libero. Cioè l’Eurozona. Di cui il MES è solo l’ultima follia, nulla di più.

Paolo Barnard
Fonte: www.paolobarnard.info
Link: http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=394

la pista anarchica nel paese delle stragi di Stato


 La federazione Anarchici Informali a me sembra un clone creato da qualcuno della federazione Anarchici Italiani ( FAI stesse iniziali per confondere di più le acque) che ha un sito ufficiale e che ripudia il terrorismo e la violenza. Il documento di rivendicazione dell'attentato ad Adinolfi è stato - secondo me- costruito da presunti specialisti del linguaggio della psicologia e del comportamento degli anarchici ed incorre in macroscopici errori da fare ridere a crepapelle come questo: ""Con una certa gradevolezza abbiamo armato le nostre mani, con piacere abbiamo riempito il caricatore. 
Impugnare una pistola, scegliere e seguire l'obiettivo, coordinare mente e mano sono stati un passaggio obbligato, la logica conseguenza di un'idea di giustizia, il rischio di una scelta e nello stesso momento un confluire di sensazioni piacevoli. Un piccolo frammento di giustizia, piombo nelle gambe per lasciare un imperituro ricordo di quello che è ad un grigio assassino". 
Questo è un linguaggio con riminiscenze letterarie del vitalismo anni trenta può verosimile in bocca ad una certa eversione di destra, fascista, e financo dannunziana. Si parla di "sensazioni piacevoli e di "gradevolezza" espressioni ed atteggiamenti estranei alla cultura anarchica che è una cultura seria di grande rilievo nella storia del pensiero politico e che ha almeno duecento anni di vita. 
Quando mai e come un anarchico parlerebbe di "piacere a riempire il caricatore che mette l'arma quasi in un rapporto erotico ? Insomma basterebbe affidarsi ad un gruppo di semiologi seri per capire quanto sia raffazzonato imparaticcio ed artificiale il linguaggio usato per rivendicare l'attentato ad Adinolfi.

A quanto pare avremo altri attentati. Nel volantino ne vengono indicati 7. Colpisce la leggerezza, la miopia, la ruffianeria dei massmedia italiani nell'avallarela menzogna dell'attentato terroristico degli anarchici. 
Colpisce l'allineamento dei politici dietro la tesi della pista anarchica. 
Colpiscono le dichiarazioni del presidente del Copasir Massimo D'Alema che si dichiara "molto preoccupato" Colpisce la subitaneità della nomina di Di Gennaro noto personaggio di una delle pagine cilene della storia italiana a membro del governo. 
C'è una drammatizzazione e teatralizzazione dello attentato ad Adinolfi che viene sfruttato a fini politici mentre la gente continua ad ammazzarsi per le difficoltà della crisi e vengono sequestrate le pensioni al minimo di poverissimi pensionati costretti a farsi un conto corrente appunto per essere espropriati (illegalmente)dei i pochi soldini sempre a disposizione della esattoria del governo. 
Sembra che il Governo invochi una stagione di rinnovato terrorismo e che voglia indicare la strada della lotta armata al dissenso sociale. 
Il Governo ha bisogno di ancora maggiore potere autoritario sulla società italiana in vista delle conseguenze del massiccio bombardamento fiscale che arriverà a giorni a cominciare dall'IMU. Il governo trasmette ansia incertezza ed ora anche il baubau del terrorismo. 
Niente di nuovo nella storia recente d'Italia se non che tutto si svolge in un ambiente molto più deteriorato economicamente e socialmente di quello degli anni 70.Un ambiente da tragedia

di


il sito della FAI

elezioni Francesi una lezione x l'Italia


In Francia le elezioni presidenziali vedono come dato prevalente la sconfitta di Sarkozy e l’affermazione di Hollande.

I politici italiani cercano di commentare il voto francese pensando di poter recare vantaggio alla propria parte politica.  Da Dx a SX, la giostra è in funzione.

La maggior parte dei commentatori sta dando al risultato del Fronte Nazionale un’interpretazione xenofoba o razzista, il che in una certa misura è giustificato.

Sarebbe però sbagliato pensare che questa sia l’unica chiave di lettura.

In campagna elettorale la Le Pen non si è limitata a giocare la carta dell’orgoglio nazionale, dell’ostilità nei confronti degli immigrati, della “Francia ai francesi”, ma si è fatta portavoce di un disagio profondo nei confronti di questa Europa poco trasparente e invasiva, di un sistema economico in cui gli interessi della finanza prevalgono su tutto e su tutti, sul sentimento di una globalizzazione che punisce e stavolge i Paesi.

Sono le stesse argomentazioni avanzate, a sinistra, dal candidato del Front de la Gauche Jean-Luc Mélenchon o dall’ecologista Eva Joly.

Ma chi è Luc Mélenchon

E’ un candidato dell’estrema sinistra, alla guida del Front de gauche. Appoggiato dai comunisti, che hanno tappezzato Parigi con la scritta “Prenez le pouvoir” (prendete il potere), il programma elettorale di Mélenchon prevede l’uscita della Francia dalla Nato, la bocciatura del Trattato europeo di disciplina fiscale, il ritorno della pensione a 60 anni e l’aumento del salario minimo da 1.400 a 1.700 euro.

Ora sommate, il 18% della Le Pen, l’11% di Mélenchon, il 2,2% della Joly e il totale dà 31% ovvero più del 28,63% di Hollande e del 27% di Sarkozy.

In Francia, più che Hollande, ha vinto il partito delle protesta, di chi è contro le politiche monetariste dell'Europa, a vinto chi propone di uscire dalla moneta unica,  vince soprattutto il voto anti-sistema (di destra e di sinistra)”.

 E’ un segnale molto forte, per quanto non organico, alle élite, all’establishment, ed è un sentimento che, a mio giudizio, in assenza di una risposta adeguata, non potrà che crescere.

Non solo in Francia…