Decreto Minniti: dietro la “sicurezza” ci sono le misure antioperaie.

Mentre i media seguitano con la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, il governo continua con la sua politica classista di distruzione dei diritti.

L'approvazione dei Decreti Legge nn. 13 e 14 dello scorso febbraio, a soli tre giorni l'uno dall'altro, sancisce in modo definitivo e incontrovertibile una radicale svolta del governo italiano, una torsione in chiave tutta legalitaria e securitaria che non fa altro che perpetrare le più nefaste logiche neoliberali.

È un decreto chiaramente elettoralistico, che usa la sicurezza come clava e strizza l’occhio alla Lega salviniana sul suo terreno.
La verità è che ci sono vizi gravi e un profilo che lede le regole del nostro Stato di diritto e potrebbe persino essere anti-costituzionale.

In un periodo in cui sarebbe lecito aspettarsi l'attuazione di politiche volte ad incentivare l'inclusione, a contrastare la povertà diffusa tramite pratiche di redistribuzione della ricchezza, a garantire l'accessibilità dei servizi sociali nei confronti di tutti, il Governo si preoccupa, al contrario, di muovere guerra nei confronti dei poveri, degli ultimi, degli emarginati.

Tra questi vi sono sicuramente i migranti. A loro è dedicato il primo dei due decreti, a duplice firma Orlando-Minniti, che si occupa di accelerare i procedimenti giurisdizionali volti al riconoscimento dello status di rifugiato e di contrastare l'immigrazione clandestina.

Esaminandolo, ci si avvede subito che non si tratta affatto di una accelerazione, bensì dell'azzeramento di una serie di diritti costituzionalmente garantiti. Su tutti, la giurisdizionalizzazione delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione e l'abolizione del secondo grado di giudizio, sostenuto dal Ministro Orlando.

La prima previsione contrasta con l'art. 111, secondo comma della Carta costituzionale, secondo cui ognuno ha diritto a un giudice terzo e imparziale.

Quanto, poi, all'abolizione del secondo grado, basti richiamare l'art. 113 Costituzione  che non ammette vengano limitati in alcun caso i mezzi di impugnazione esperibili avverso i provvedimenti amministrativi.

Inoltre, per i richiedenti asilo non sarà più garantito l'essere ascoltati da parte del Giudice, il quale potrà giudicare sufficiente visionare la videoregistrazione dell'audizione in Commissione territoriale.
Il processo si svolgerà quindi alla stregua di una volontaria giurisdizione ai sensi dell'art. 737 c.p.c., senza udienza, senza partecipazione, senza avvocati.

Una riforma così non riuscì neppure al Governo Berlusconi, in apparenza di tutt'altro orientamento, che provò a farla passare ma con scarso successo anche a causa della strenua opposizione delle stesse formazioni politiche che ora se ne fanno promotrici.


Degna di nota, poi, è l'introduzione dei C.P.R., Centri di Permanenza e Rimpatrio. Non è infatti chiaro quale sia la differenza con gli odierni CIE, che tra l'altro si stavano ormai avviando alla definitiva scomparsa, come testimoniano gli esigui numeri di "ospiti" presenti. Viene quindi rivitalizzato un dispositivo di confinamento, internamento e repressione che non poggia su alcuna base giuridica, comminando la detenzione a chi, non avendo commesso alcun reato, è colpevole unicamente di essere "clandestino".

Non poteva poi mancare la previsione del lavoro gratuito. D'altronde chi scappa dalla guerra e dalla fame, solo per citare alcune delle cause dei flussi migratori, se vuole restare se lo deve meritare. Abituandosi così al futuro lavoro nero gestito dai caporalati vari.

Bisogna però dire che i migranti non sono gli unici bersagli dell'attuale Governo, e nello specifico dei Ministri della Giustizia e dell'Interno, che hanno riproposto facendo proprie vecchie tesi di Maroni ed Alfano quando governava Berlusconi.

L'offensiva è più ad ampio spettro, l'obiettivo è criminalizzare la povertà. L'obiettivo è un non ben identificato decoro: le città devono risplendere e non c'è posto per gli ultimi, gli accattoni, gli esclusi. Sono brutti, non piacciono, rimanessero ai margini.

In quest'ottica viene sanzionato l'accattonaggio. Il neoliberismo non ammette riciclo e riuso né, in generale, l'appropriazione di un bene fuori dalle regole del mercato.
Il ricordo va automaticamente ai primi scritti di Karl Marx, gli articoli del 1842 sulla "legge contro i furti di legna", approvata dalla sesta Dieta renana, con la quale veniva equiparata la raccolta della legna caduta in terra nei boschi al furto della stessa.

Il principio è sempre lo stesso, se vuoi una cosa la devi necessariamente acquistare.  Altrimenti che rimanga di nessuno (così pure per il patrimonio pubblico il cosiddetto patrimonio indisponibile).
Viene portata a compimento, poi, la figura del "sindaco-sceriffo".

I poteri ai sindaci su questioni delicate come il trattamento riservato ai senza fissa dimora, ai rifugiati, ai tossicodipendenti, alle occupazioni sono una cosa grave. È una potenziale stretta securitaria nelle città in un periodo storico in cui non vi è un allarme sicurezza più grave che in passato, non su questi temi. E c’è un’idea di fondo che punta a risolvere grandi questioni sociali del nostro tempo come questioni di ordine pubblico. È l’antica filosofia del punire i poveri e il disagio».

Esso ha però anche un carattere più squisitamente antioperaio, comprendendo in particolare misure repressive e di limitazione delle lotte e degli scioperi. 

Si prevede infatti la sanzione amministrativa pecuniaria contro chi limita il libero accesso e fruizione delle infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, e di trasporto pubblico, in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi (in sostanza i blocchi durante gli scioperi) con ordine di allontanamento entro 48 ore, e in caso di reiterazione, il divieto di accesso all’area interessata per un periodo da 6 mesi ai 2 anni.

Soprattutto si prevede la possibilità di arresto in "flagranza differita" (per i soli reati in cui l’arresto è obbligatorio) in caso di reati e violenze commessi alle persone o alle cose durante manifestazioni pubbliche riprese da telecamere o foto (l’identificazione deve avvenire entro 48 ore dal fatto, permettendo così un largo periodo di isolamento), e si rafforza la repressione contro l’occupazione di immobili.

Ancora una volta il governo e le istituzioni borghesi dietro il pretesto della lotta alla criminalità e al degrado, per il diritto alla sicurezza (che per primi negano) criminalizzano e colpiscono le lotte operaie e delle masse impoverite.

La sicurezza e il decoro delle nostre città non possono essere tutelate da chi ha fino ad oggi garantito solo miseria e massacro sociale, condizioni di vita penose per milioni di persone, degrado e malaffare, e in particolare ha assicurato l’impunità ai banditi antisociali. Costoro sono i rappresentanti di un sistema marcio e criminale, sempre più autore di furti antipopolari, guerre di rapina e corruzione dilagante.

Ci vogliono sudditi obbedienti senza spirito critico e per chi dissente al massimo una sfilata di protesta ma niente di più altrimenti repressione, e la chiamano democrazia.

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